La Bianca Val Padana, è un animale di origine incerta proveniente molto probabilmente dall’incrocio tra soggetti di razze podoliche locali.
In generale si tratta di una razza rustica a duplice attitudine (ma che in passato era considerata a triplice), capace di utilizzare pascoli su terreni marginali di collina e montagna che, nonostante la robusta struttura dello scheletro, viene considerata prevalentemente per la produzione di latte.
Di fatto, l’allevamento della razza è da sempre stato legato alla produzione del Parmigiano-Reggiano, in origine prodotto col solo latte delle razze locali Modenese e Reggiana; ma a differenza di quest’ultima, la Bianca Val Padana si caratterizza anche per la produzione di vitelli da ingrasso.
Grazie alla selezione anche per l’utilizzo nel lavoro dei campi ne deriva un temperamento docile e volenteroso.
Nelle basse pianure del nostro nord, la nebbia mette a riposo i colori della campagna autunnale; ma lei, più che mai, con il suo mantello candido da secoli si tuffa nella densa nebbia alla ricerca dell’ultimo pascolo, e soddisfa il bisogno del nuovo nascituro, pronto ai tepori stagionali e a spolverare il proprio brio… vai bianca val padana, torna padrona del tuo tempo!!!
Le prime tracce scritte risalgono all’inizio dell’800. La razza si differenziò soprattutto nella zona di Carpi: una popolazione a mantello bianco che ebbe successivamente un’estensione nella restante pianura modenese e reggianafino all’oltrepò mantovano.
Dopo la seconda guerra mondiale iniziò il progressivo declino, poiché gli allevatori si orientarono sempre più verso razze a più spiccata attitudine lattifera. Nel 1955, in occasione del 1° convegno degli allevatori di bovini di razza Bianca Val Padana, si stimò una consistenza totale di 200.000 capi.
Nell’aprile del 1957 fu istituito il Libro genealogico nazionale della razza. Il declino tuttavia continuò: ancora nel 1960 si stimava una popolazione di Bianca di circa 142.000 capi. Nel 2005 la razza Bianca Val Padana si è ridotta in Italia a circa 800 capi, di cui 258 sono sottoposti a controllo funzionale presso l’Associazione provinciale allevatori di Modena; di questi solo 11 sono tori (fonte: banca dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo).
Quest’esiguo numero fa ritenere la popolazione in pericolo, tanto che sin dal 1992 è entrata nella categoria di rischio della Fao. Attualmente la razza è iscritta al Registro anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione.
La media produttiva di latte per lattazione, si attesta sui 50 quintali con punte di 60. L’apice della produzione di latte si ha al terzo parto, mentre i valori più alti di proteine e grasso si hanno al primo parto. Le primipare producono dai 15 ai 18 kg di latte al giorno, con picchi che vanno dai 25 ai 35 kg /giorno. Il latte prodotto ha da sempre riconosciute caratteristiche positive e speciali per la caseificazione, per l’ottimale rapporto fra tenore di grasso e di proteine e per l'alta frequenza del gene B delle K-caseine in esso contenute,in grado di dare una maggiore resa complessiva in formaggio di circa 6-9 etti per quintale di latte.
Da non sottovalutare il fatto che il latte della Bianca Val Padana ha anche un maggior contenuto di Sali minerali,di acido citrico,di lattosio ed una maggiore percentuale media di calcio e fosforo allo stato colloidale.
La minore produzione rispetto alle razze cosmopolite lattifere è ricompensata da una maggiore fertilità, che con un minor intervallo di tempo (126 giorni) tra il parto ed il concepimento, permette un numero di parti che vanno 6 ai 10 per l’intera carriera riproduttiva dell’animale.
Questo significa una permanenza in stalla che in media va dai 5-7 anni, con punte fino a 10, impensabili per razze come la Bruna o la Frisona che hanno medie di 4 -5 anni; l’alta fecondità, sommata alla rusticità dell’animale, influisce inoltre positivamente, consentendo un notevole risparmio sulle spese veterinarie.
La Bianca Val Padana ha anche notevoli prerogative nella produzione della carne, fornendo vitelloni con carni di buona qualità e con rese al macello del 58-60%.
La carcassa dell’animale a fine carriera dà rese al macello superiori del 5% circa alle razze cosmopolite da latte.
Siamo quindi di fronte ad una popolazione locale che si può definire completa, in grado di offrire latte e carne di ottima qualità, dote indispensabile per intrecciare un tessuto economico adeguato nelle zone montane.
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